🖊 «Parlava di vicende e luoghi che non avevo mai sentito ma compresi distintamente che stava parlando dei nonni. Aveva detto di aver fatto il viaggio con loro, nello stesso vagone. Lo avevano capito subito che non era un treno normale. Non potevano sedersi, non avevano da bere e da mangiare, qualcuno era addirittura morto prima di arrivare. Avrei voluto chiedere perché non avevano chiamato un dottore ma restai zitto ad ascoltare.
Appena arrivati in un luogo di cui non avevo afferrato lo strano nome, erano stati divisi. I nonni li aveva visti per l’ultima volta, mano nella mano, che venivano spinti verso un edificio dal quale, aveva aggiunto, non era mai uscito nessuno. Solo a quel punto, papà lo aveva interrotto e gli aveva chiesto di spiegarsi meglio. L’uomo gli aveva risposto di non sperare che i nonni sarebbero potuti tornare. Poi aveva iniziato a singhiozzare. La porta si era aperta improvvisamente e, guardando i suoi occhi nelle grandi orbite scavate in un viso magrissimo, aveva pensato che fosse pazzo. Mi aveva fissato per un momento, aveva avvicinato la mano al mio viso, l’aveva ritratta ed era scappato via.»
Quello che è successo non accadeva solo a migliaia di chilometri di distanza. Accadeva qui, cominciava anche qui.
Risaliva attraverso binari che raggiungevano stazioni vicine, con binari ferocemente dedicati.
Cominciava dietro casa, dentro le case, per le strade, additando, impedendo, rastrellando.
Iniziava dentro le teste, nei pensieri, attraverso la propaganda e l'educazione, lo rendeva persino logico, orribilmente corretto.
È questo che bisogna ricordare, sempre: la tragica realtà che tutto questo sia stato permesso, che sia stato accettato e giustificato.
Il punto di vista di Bruno Maida in SE MI PRENDI PER MANO, quello di un bambino ebreo appassionato alle idee del regime che deve confrontarsi con la realtà della fuga, aiuta a leggere proprio questo meccanismo distorto: come idee tanto orribili si siano insinuate nella mente di tanti, di troppi, persino di chi ne era il bersaglio.
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