Accade spesso, non accade a tutti. Può accadere, nella carriera di un autore, di scrivere quel libro che segna un punto di svolta, il rovesciamento del paradigma, e di sorprendere con una nuova intensità anche i lettori più assidui e fedeli. Nadia Terranova torna oggi in libreria con “Quello che so di te” (Guanda), il suo romanzo più intimo, la storia di una famiglia, la propria, declinata a ritroso verso un passato prossimo e remoto, evocato, indagato e riflettuto, infine rimontato attraverso uno stile a volte crudo a volte lirico, e sempre ricco di grazia.
Dopo aver battuto la strada del romanzo di formazione, del romanzo psicologico e del romanzo storico, Terranova si confronta ora con l’autofiction e lo fa rendendo ancor più vivida la parabola di formazione fra psicologia e storia delle sue protagoniste. Nella città risorta sulle macerie che dal terremoto del 1908 si sono trasformate in cenere sopra cui edificare il presente, Messina, la città dove Terranova è nata e cresciuta, ecco una donna che gioca a localizzare il negozio fantasma del suo bisnonno, un puntino da ricollegare agli altri colmando i vuoti della memoria in cerca di un racconto senza ellissi.
Poco distante da lì, c’è il primo nucleo del manicomio cittadino dove viene internata la bisnonna di chi scrive e, scrivendo, ricerca una diversa comprensione di sé, come figlia, nipote, madre, moglie, donna e autrice. I romanzi letterari si differenziano dagli altri per l’universo formale attraverso cui prendono vita, un universo stilistico che Terranova costruisce con misura e consapevolezza, ma anche perché hanno l’ardire di gettare una fiammella fra le ombre di un presente intessuto di passati multipli.
di annalisadesimone | link in bio