La vignetta di andreabozzo.it
In vista dell’elezione del nuovo Papa, l’Associazione dei dipendenti laici del Vaticano, l’unico sindacato riconosciuto dalla Santa Sede con ottocento iscritti, aveva sollevato in un comunicato la questione dei bassi salari anche dentro le mura pontificie. I dipendenti della Santa Sede, con i loro stipendi non tassati, sono sempre stati visti come dei privilegiati. Ma da qualche anno non è più così. I conti del Vaticano sono in perdita, il fondo pensioni è in rosso e Papa Francesco già dal 2021 ha tagliato gli stipendi di Cardinali, ecclesiastici, religiosi e Superiori laici, e ha sospeso pure gli scatti biennali di anzianità degli impiegati. Tanto che negli ultimi anni sono emerse per la prima volta nella storia diverse rimostranze. E un anno fa hanno protestato i dipendenti dei Musei Vaticani, firmando un’istanza contro il governatorato e minacciando di andare in tribunale. Lavorare per il Papa In Vaticano lavorano quasi 5mila persone: 2mila sono assunte nel governo della Chiesa cattolica, gli altri sono impiegati dello Stato pontificio. Tra questi, ci sono i settecento lavoratori del Musei Vaticani, i 150 dell’Archivio e della Biblioteca Apostolica e i cinquanta della farmacia vaticana. Poi ci sono i giornalisti dei media vaticani, i dipendenti della libreria vaticana, quelli dei magazzini di abbigliamento, i benzinai e gli impiegati dell’ufficio postale. di lidiabaratta | link in bio
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Con finalità assolutoria del pregiudizio che la orienta, una linea inflessibile del discorso pubblico antisemita si sviluppa nella blaterazione secondo cui l’ebraismo sarebbe una religione, senza addentellati di provenienza etnica. Di modo (questa la traiettoria auto-scriminante di quel luogo comune, questo il succo finalistico di quella inossidabile sciocchezza), di modo, dicevo, che la violenza antiebraica sfogata non già sul religioso in quanto religioso, ma sull’individuo cui capita di essere ebreo o israeliano, non è dopotutto violenza antisemita perché l’ebraicità non ha nulla a che fare con un popolo che la incarna e la esprime. Di modo, ancora, che gli appartenenti al popolo ebraico avrebbero un diritto dimidiato di invocare protezione, un diritto che con Israele non c’entra e che si risolve e si conchiude in un fungibile titolo individuale a non subire violenza per motivi religiosi. Il fatto che a determinarla sia una profonda ignoranza («anche i palestinesi sono semiti!») non basta a escludere né ad attenuare la pericolosità di questa teoretica da fogna social. Certo, chi avesse anche una sola volta e anche distrattamente letto la Torah saprebbe che il popolo di Israele è il fondamento dell’ebraismo, e che non c’è ebraismo senza riferimento al popolo di Israele («se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli»; «Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa»: Es. 19, 5-6). Ma, appunto, questa ignoranza – cioè l’ignoranza del fatto che il “popolo” di Israele è il centro di imputazione della Rivelazione – se basta a spiegare la pretesa di dissociare l’ebraismo dal proprio popolo non basta a giustificarla. di iurimariapr | link in bio
L’Imminente vertice tra Stati Uniti e monarchie del Golfo, ospitato dall’Arabia Saudita a Riyad, sta generando un hype formidabile per l’ennesimo importante annuncio da parte di Donald Trump. La speculazione più ghiotta, alimentata da analisti indipendenti ma ripresa anche, tra altri, dal “Jerusalem Post”, è quella per cui Donald Trump possa dare il via a un processo di riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. Il nuovo (e primo non ebreo) ambasciatore statunitense in Israele, Mike Huckabee, ci ha messo ben quindici ore prima di sconfessare lo scenario (iniziando un post sui social scrivendo l’onomatopea «Hmm„, una pacchia per gli amanti dei fumetti e della semiotica). Altre parole contro l’illazione stanno venendo fuori molto timidamente (e anche indirettamente) dall’amministrazione Trump. Sufficienti però a permettere a Israele la propria solenne e derisoria smentita. Una smentita, diceva Giulio Andreotti, però è una notizia data due volte. La tensione tra Trump e Benjamin Netanyhahu è del resto evidente ed effettiva almeno dal licenziamento del Consigliere per la Sicurezza Michael Waltz, allineato con Netanyahu e non col suo Presidente sull’Iran. Sulla vicenda, l’unica uscita di Trump è stata una critica alla nuova operazione di terra Israeliana. Una pretestuosa e indiretta lagna di un ego ferito. Probabilmente un fondo di verità c’era; del resto la Germania, tramite il ministro degli esteri Johann Wadephul, ha dovuto ribadire l’opposizione a riconoscimenti unilaterali. Anche dall’altra parte, Abu Mazen ha finalmente tuonato contro la proposta trumpiana di una amministrazione statunitense della striscia di Gaza, indicando la rottura di un dialogo. Secondo le ultime intese tra Trump e Netanyahu, la Striscia di Gaza potrebbe avviarsi a diventare un protettorato americano. Un graduale passaggio dall’esercito israeliano (che ha appena iniziato le manovre di occupazione vera e propria) a un management statunitense (con relativi militari e contractor) non rende però felice il governo Netanyahu. di robertosajeva | link in bio
Siccome ha un grande avvenire dietro le spalle, Ignazio La Russa è ritenuto un uomo politico molto intelligente. Per passare dai palchetti neofascisti di piazza San Babila dei primi anni Settanta allo scranno di presidente del Senato, in effetti il salto è stato notevole e complicato, circa mezzo secolo c’è voluto, però ce l’ha fatta. Assumendo la seconda carica dello Stato si pensava che si sarebbe lasciato dietro la sua lunga militanza e avrebbe persino rivisto qualche idea giovanile. Beninteso, senza esagerare: i busti del Mascellone stanno sempre là. E si pensava che come minimo avrebbe capito che il presidente del Senato non deve «fare campagna», come invece ha annunciato lui stesso, per l’astensione ai referendum dell’8 e 9 giugno. Per esempio, va dato atto al presidente della Camera Lorenzo Fontana, leghista e ultraconservatore, di sapersi mantenere sempre fuori dalla battaglia politica. La Russa non è della stessa pasta, e politica la fa e la farà sempre, senza pause. Ma «fare campagna» è un’altra cosa. È scendere in campo per orientare i cittadini, cioè quello che spetta di fare ai partiti, ai sindacati, ai giornali, agli intellettuali. Insomma a tutti, tranne che ai presidenti delle Camere, tenute, per logica e per prassi (vero, talvolta violata: ma questo non è un buon motivo per perseverare), a non «fare campagna» né per il Sì né per il No né per l’astensione. Ha dato poi ulteriore fastidio che La Russi inviti a non andare a votare, che è una scelta legittima e non immorale come insinua la sinistra (che non si rende conto di insultare milioni di persone) e tuttavia abbastanza imbarazzante per un uomo di Stato. Ma il fatto sarebbe stato ugualmente grave se avesse detto di votare Sì oppure No: il silenzio, questo sconosciuto. di Mario Lavia | link in bio
Una volta dividevo gli esseri umani in due macrocategorie: quelli che si mettono in casa un animale, e i frequentabili. Poi siamo invecchiati, sarà quello, sarà la pandemia durante la quale un sacco di gente s’è presa un cane per avere la scusa per uscire mezz’ora e non farsi venire l’esaurimento stando tutto il giorno coi congiunti, fatto sta che sono passata a considerare frequentabile chi perlomeno la presenza del suo attrezzo da compagnia non me la imponga in locali pubblici, non potendomi più permettere d’avere qualcosa contro quella forma di stupidità e disperazione che ti rende proprietario d’un animale che non ti dia il latte né le uova: ho tanti amici disperati e stupidi. Quella che s’è presa il cane appena i figli se ne sono andati di casa: dopo aver sbuffato per una vita perché non poteva stare in splendida solitudine, adesso nella sua splendida solitudine fa le vocette ai cani. Quella che s’è presa il cane perché almeno è costretta a portarlo fuori, «altrimenti nel weekend mi abbrutisco» (ha paura di diventare come me: mi pare incredibile che diventare come me non sia un’ambizione diffusa). Quella che il cane non lo voleva, lo hanno reclamato i figli giurando se ne sarebbero occupati, poi come tutti i figli della storia del mondo non se ne sono occupati, e lei – invece di dire «io il cane vostro non lo piscio», e portarlo al canile – ora squittisce che meno male che c’è il cane, almeno quando la sera torna dall’ufficio qualcuno le fa le feste. Quello che il cane l’ha preso su consiglio della psicologa, così la smetteva di avere solo storie passeggere con ragazze non impegnative, così imparava l’affettività. Psicologa troppo ottusa per capire che mettersi in casa un cane è tale e quale a mettersi in casa una ventenne con le chiappe sode: sempre di qualcuno non in grado di contraddirti si tratta. di lasoncini | link in bio
La notizia è che Vladimir Putin non ha accettato l’ennesima proposta di cessate il fuoco temporanea avanzata prima dagli americani e poi dai volenterosi europei, e già accolta da tempo dagli ucraini. Del resto se la Russia avesse voluto cessare il fuoco la guerra sarebbe finita da anni, anzi non sarebbe mai iniziata perché gli ucraini non hanno mai voluto invadere la Russia, hanno sempre e soltanto voluto mantenere la loro indipendenza, la loro dignità e la loro libertà di sentirsi democratici ed europei. Sono i russi che da secoli vogliono conquistare l’Ucraina, e non solo l’Ucraina, ma anche la Moldova, la Belarus, i paesi baltici, per non parlare della Georgia, fino ad arrivare alla Romania e alla Polonia e a diffondere il caos in Europa per indebolire il mondo libero che inesorabilmente attrae le sue ex colonie. Ci vogliono occhi ben chiusi, eyes wide shut, per non riuscire a individuare la precisa paternità ideologica di questa guerra imperialista, oppure bisogna rimbambirsi con i talk show e le fregnacce di presunti esperti, giocolieri e mangiatori di fuoco, gli stessi che torneranno a spiegare anche questa volta che Putin vuole trattare la pace, proprio mentre ha espressamente negato di fermare le armi, continua a bombardare i civili ucraini e prova a prendere tempo ingannando l’opinione pubblica occidentale confidando sull’aiuto dei suoi utilissimi idioti. di christianrocca | link in bio
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