Il mistero del proprio corpo di donna. Si apre con un’impenetrabile rivelazione, il romanzo di Arianna Farinelli “Storia di una brava ragazza” (Einaudi Stile Libero), quando la protagonista, una bambina che non ha ancora compiuto quattro anni, spia sua madre in bagno e paragona quel sesso adulto, «l’ingresso di una tana, l’entrata di una grotta che la natura aveva ricoperto con un fitto intreccio di piante rampicanti», al suo.
L’infanzia trascorsa in un quartiere popolare di Roma, «allo sprofondo», è il viatico per un viaggio che porterà la bambina a diventare donna, e la donna a ripercorrere le tappe del suo passato per interrogarsi sul femminile, sulle differenze di genere, di classe, e sulla vergona di essere stata a lungo soltanto questo: un corpo su cui maschi hanno posato il loro sguardo, a volte goffamente rapace, altre dichiaratamente predatorio. E tuttavia, non è un percorso d’analisi, quello intrapreso dalla voce narrante, che intende farsi forte di una contrapposizione didascalica: noi/loro, donne/uomini, vittime/carnefici. È uno sguardo, al contrario, che si posa sull’infanzia della protagonista, poi sull’adolescenza, e ancora sulla giovinezza e sull’età adulta, con un tocco leggero e acuto, e sempre indulgente, dato che ciò che interessa all’autrice è la ricomposizione di un quadro sociale quanto più esaustivo, lontano dalle facili sirene della condanna ideologica.
Il corpo delle donne dagli anni Settanta a oggi. Un corpo esposto, ammiccante e sensuale, che all’epoca va in onda sulle reti locali e che alle bambine è vietato guardare. Su Teleroma 56 trasmettono, in quelle sere d’estate, Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, mentre su Italia 7 verso la fine degli anni Ottanta approda Colpo grosso, con le donne Cin Cin che i concorrenti hanno il potere di far spogliare, vincendo, fino a scoprirne il seno.
di Annalisa De Simone | link in bio