Serena Vitale ci ha abituati a libri di rara perfezione: pagine raffinate, eleganti, di ricerca rigorosa e di scrittura vivace, accattivante. Questo libro ci conduce in una dimensione nuova, in apparenza inesplorata, attraverso il racconto di una storia personale e familiare. Ma d’altronde non è la letteratura anche e sempre un fatto privato? Serena Vitale affronta in "Cartella clinica" la malattia mentale della sorella Rossana, le crisi incomprensibili, i ricoveri, le cure sempre più dure e indicibili: «Ad ogni ritorno la vedevo cambiata. Gli stessi lineamenti, ma come appiattiti, e i bellissimi occhi dilatati, senza luce… Sentii parole sconosciute, nomi di farmaci, evidentemente: insulina, reserpina, colpromazina. E poi, senza l’ina finale: lobotomia».
È il maggio del 1958 quando la «sindrome schizofrenica» fa il suo esordio, Rossana ha appena compiuto diciassette anni, Serena ne ha solo tredici. È il 24 settembre del 1961 quando Rossana viene trovata morta nel suo letto presso l’ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà a Roma. Vitale ricostruisce quegli anni con lucidità e coraggio, guidata da un inviolabile impulso alla ricerca; ripercorre le cartelle cliniche, anamnesi che appaiono paradossali, contraddittorie, le incrocia con i suoi ricordi di adolescente, spesso confusi, a tratti limpidi, con i racconti dei pochi testimoni rimasti: un maglione squarciato dalla sorella, le sue foto sul muro con gli spilli sugli occhi, le bambole accecate. La narrazione si fa romanzo, racconto familiare, attraverso protagonisti e comparse indimenticabili (il nonno con le sue amanti, il gatto Nerina, lo zio «invertito», il padre violinista con le sue «stramberie»), mentre una domanda – dubbio di scrittrice, tormento di sorella – aleggia su tutto: «Ma io dov’ero?».
Con "Cartella clinica" Serena Vitale ha condotto un’indagine familiare che è insieme racconto di una malattia e struggente resa dei conti: una sconfinata lettera d’amore alla sorella.
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