Lev Tolstoj, “La morte di Ivan Il'ič”
Traduzione di Enrichetta Carafa d’Andria, rivista da Giovanni Maccari
«Invece della morte c’era la luce.»
Questo racconto, La morte di Ivan Il’ič, viene pubblicato nel 1886, quando Tolstoj aveva 58 anni, aveva già scritto i suoi maggiori capolavori e il pensiero della morte cominciava a roderlo, anche in seguito alla morte di un conoscente, che, com’è naturale, lasciava un posto vuoto che altri, i colleghi, occuperanno con malcelata soddisfazione. Ivan Il’i č è un magistrato, che fa carriera come era naturale, poi un piccolo dolore a un fianco, e da lì il male, che via via si aggrava e lo porta a quel capitolo finale che prima o poi tocca a tutti, lo sprofondamento a fatica nel sacco nero, lo spavento, raccontato magistralmente, semplicemente, entrando nella mente del moribondo; il quale capisce che in fondo la sua vita era stata solo quel che doveva essere; adesso nel punto estremo, voleva solo liberare gli altri, la moglie, il figlio, dalle sue sofferenze. Poi l’illuminazione, lo squarcio di gioia, perché finalmente la morte era finita. È una lettura emozionante, che non si dimentica più.
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