Marzo 2020. Il coronavirus si diffonde a livello globale. L'Italia è il primo paese europeo a entrare in lockdown.
La poesia di Azzura D'Agostino ci riporta con forza a quei giorni, a quando quasi ogni sera Giuseppe Conte, allora Presidente del Consiglio dei Ministri, emanava decreti per comunicare ai cittadini gli sviluppi dello stato d’emergenza dovuto alla pandemia avevano creato una vera e propria realtà a sé. "Messaggi al Presidente" nasce in risposta a quei decreti, come necessaria riflessione e riconquista di un mondo che sembrava disgregarsi sotto la proliferazione di norme disumane. L’utilizzo burocratico e scientifico (o pseudoscientifico) del linguaggio pervadeva gli scambi tra le persone, che avvenivano esclusivamente a distanza. Questa mediazione dei dispositivi, dei media in generale, e l’ingresso di parole tecniche, di statistiche, sono rielaborate da Azzurra D’Agostino in una poesia a tratti lirica, la quale si pone per sua stessa natura sia come parola antagonista al potere sia come possibilità di raccontare il trauma, di esprimere paura e sbigottimento, accogliendoli e lasciandoli parlare per mezzo di una lingua che rifiuta l’appiattimento sulla mera cronaca. All’istanza umana e civile, di taglio espressamente politico, di "Messaggi al Presidente" si collega la seconda parte del libro, raccolta sotto il titolo "La misura umana", composta da liriche scritte per il teatro. Sono testi che nascono per dare voce a riflessioni e domande destinate a occupare il nostro spazio pubblico; parole pronunciate da corpi vivi tra corpi vivi, che costruiscono e reinventano, in una dimensione corale, l’estensione della collettività: parole pensate per essere dette in piazza, in strada, in carcere, davanti a una platea.
Foto: Ponte Vecchio, Firenze.
© Marco Castelli
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