🟤 L’intera contemporaneità si potrebbe sintetizzare e tradurre, al di là di tutte le possibili analisi, apologie e critiche, in tre parole: produttrice di consumo. Non si tratta di un puro consumo materiale: a consumarsi ed essere consumate sono anche le identità, le speculazioni, le economie, le politiche, le società, e non da ultimo un elemento fondante di tutto ciò e dell’essere umano stesso: la cultura. La produzione, tanto di beni e persino di repressioni, non si ferma alla sola industria, ai mercati finanziari, alle tattiche degli stati e delle grandi corporazioni.
La produzione è divenuta, in modo imperante in questo secolo, un’entità autoreferenziale che assorbe, trasmuta e ricostituisce sempre ogni cosa, fra cui la sensibilità, l’intelletto e il desiderio. Così la produzione inizia a nutrirsi anche di tutte quelle “astrazioni” che l’uomo crea e usa sia per formalizzare i propri impulsi e sia per canonizzare dei codici di condotta e di comprensione della realtà: l’arte, le idee, gli svaghi persino.
Tutto ciò non viene più creato e modificato continuamente dalle necessità umane e dai processi quantici, ferini e impulsivi del corpo-desiderante, ma da una meccanicizzazione automatizzata e istantanea del piacere e del consumo stesso: in altre parole, l’uomo ha affidato la sua capacità di razionalizzarsi e di dissiparsi a un archetipo reale che simula e basta, mantenendo in uno stato di sicurezza e inibizione perpetua il soggetto, tutti i suoi bisogni, comportamenti e oggetti del desiderio passati, presenti e futuri: «Dio è morto, e tutto accade dal basso verso l’alto. Il controllo dall’alto verso il basso è inibizione.»
[continua su Dissipatio…]
🖋️ L’analisi di Ivan Branco
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