LA PSICOANALISI E IL PROBLEMA DEL FUTURO 🖋️ di Enrico Raugi Durante gli anni della Seconda guerra mondiale, il pensiero del primo Jean-Paul Sartre trovava uno sviluppo tutto personale nel tentativo di rinnovare la psicoanalisi. La sua proposta evidenziava come la psicoanalisi di matrice freudiana presentasse un limite proprio nella sua componente più intima. Lo studio del passato dell’individuo, il pozzo dell’inconscio, l’archeologia della sua infanzia, non predisponeva il soggetto ad essere pronto ad affrontare il nuovo, le incertezze del domani. Certo, al tempo di Freud, le convenzioni della società borghese se deprimevamo l’io aggredendolo fin dalle fasi originarie dello sviluppo psichico, dall’altro lo incanalavano in binari talmente consolidati da rendere il suo futuro un orizzonte prevedibile, almeno quando si trattava dei suoi sviluppi sostanziali. Forse per questo motivo – si potrebbe dire di “costrizione ambientale” – le speculazioni psicoanalitiche del tempo non si posero il problema del rapporto dell’individuo col futuro. [continua su Dissipatio…] ⚫️ Entra nel Nucleo Operativo
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IL PESO DEI MILLENNI 🖋️ di Massimiliano Vino L’Iran esiste e resiste nei millenni. A scandirne la traiettoria sono i momenti di rottura spesso violenti che ne hanno caratterizzato le successive trasformazioni nel corso della storia. Il cessate il fuoco con Israele, giunto a seguito dell’intervento spettacolare (ma forse di dubbia efficacia) degli Stati Uniti a supporto del proprio fondamentale alleato levantino, ha lasciato quasi intatta la Repubblica Islamica. Decapitata dei propri confratelli e prime linee, Hezbollah e Hamas tra tutte, Teheran ha oscillato tra una latente incapacità di difendere il proprio spazio aereo, manifestando anche un buco clamoroso nella propria intelligence, contaminata dal Mossad, e un assaggio della propria proverbiale capacità d’attrito. Con la popolazione meno propensa a rovesciare gli ayatollah su interessata e per nulla umanitaria spinta occidentale, dunque ricompattatasi in maniera insperata contro il nemico comune, sfidare l’Iran diviene un compito ostico. Non risolvibile semplicemente mediante attacchi aerei. La Repubblica Islamica si preparava da anni a questa eventualità. Ha stipato migliaia di missili e munizioni, nonché i risultati del proprio prezioso (e ora esistenziale) programma atomico in luoghi talvolta segreti o di difficilissimo accesso. Sa di poter far leva sulla quantità piuttosto che sulla qualità, bombardando senza sosta gli scudi anti-missile israeliani fino a renderli sempre meno efficaci o minacciando di bloccare lo stretto di Hormuz e i suoi preziosi flussi di petrolio, con danni probabilmente incalcolabili. [continua su Dissipatio…] ⚫️ Entra nel Nucleo Operativo
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CROCEVIA NIGER 🖋️ di Michele Ferretti Lungo due direttrici distinte, dalla città carovaniera di Agadez, si possono raggiungere Algeria e Libia per poi risalire fino alle rive del Mediterraneo. Il tragitto verso i litorali algerini costeggia il margine orientale del massiccio dell’Aïr, nel nord del Niger e già in area desertica sahariana, passando per la località mineraria (gravemente contaminata dall’estrazione di uranio) di Arlit in direzione del confine a Assamakka. Sul versante orientale, attraversando la cittadina rurale di Dirkou e l’oasi di Séguedine è possibile tagliare il confine settentrionale nel Fezzan, regione del sud‑ovest della Libia nel mezzo del deserto. In entrambi i casi, un itinerario che catalizza migrazioni subsahariane, traffici illeciti (armi, droga, esseri umani) e focolai di terrorismo islamico, che proprio nella traversata del Niger trovano lo spunto per una propagazione alla volta dell’Europa, sta lì ad indicare la rilevanza strategica di questa “frontiera di sabbia” (p. Armanino). Si estende così il corridoio per eccellenza della mobilità irregolare africana: circa 5 .700 km di confini erosi favoriscono milizie, predoni e gruppi affiliati a sigle terroristiche (JNIM o ISGS), con un Occidente incapace di frenare la spirale jihadista. Conglomerazione multi‑etnica di Hausa, Zerma‑Songhay, Tuareg e Fulani, snodo ineludibile per posizione geo‑morfo­logica e per la ricchezza di risorse (oro, petrolio, uranio), il Paese resta al centro di una contesa che sovrappone piani economici e securitari. [continua su Dissipatio…] ⚫️ Entra nel Nucleo Operativo
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COSA RIMANE DELLA GUERRA FRA ISRAELE E IRAN 🖋️ di Alvise Pozzi Con la tregua imposta, più che suggerita, al riottoso alleato da parte di Trump si è conclusa la prima guerra israelo-iraniana; unico vero confronto diretto tra Tel Aviv e Tehran. Un conflitto breve, come nella migliore tradizione della dottrina bellica dell’IDF, eppure drammaticamente inconcludente e lacunoso negli scopi quanto negli obiettivi raggiunti, soprattutto considerando il desiderio più che trentennale che Netanyahu aveva di “farla finita” una volta per tutte con il regime degli ayatollah. Analizzando la dinamica sul campo si può in effetti notare, senza dubbio di smentita alcuna, che, aldilà della retorica autocelebrativa da “missione compiuta” profusa dalla Casa Bianca, nessuno dei risultati prefissati possa essere neppur lontanamente considerato soddisfacente per lo Stato ebraico: il programma nucleare iraniano non è stato distrutto, semmai rallentato (e perfino “giusticato” in seguito all’attacco preventivo); l’invocato cambio di regime non è avvenuto, e alla fine la coesione interna al Paese persiano può dirsi rafforzata, convincendo buona parte dell’opposizione a far fronte comune rispetto all’ipotesi di divenire l’ennesimo Stato fallito del Medio Oriente come già accaduto a Iraq e Siria. Infine l’esercito iraniano ha dato mostra di saper non solo incassare un gran numero di colpi ma perfino di rispondere con notevole precisione e accuratezza. D’altro canto l’Iran, dopo lo shock iniziale con l’uccisione di ben sedici scienziati e alcuni vertici militari – una grave lacuna dal punto di vista del controspionaggio – e un insufficiente dispositivo di difesa aerea, ha conseguito importanti risultati nella capacità di occultare i lanciatori e nella prontezza del proprio programma missilistico. [continua su Dissipatio…] ⚫️ Entra nel Nucleo Operativo
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HELSINKI DOPO IL GELO 🖋️ di Paolo D’Ambrosio La Finlandia è sempre stata una nazione che ha fatto del non allineamento un proprio punto di forza, diventando un terreno franco per vari forum ed incontri tra potenze ostili fra loro. Dall’inizio del conflitto russo-ucraino nel 2023 si respira un’aria totalmente differente, fatta di paure, opportunità e nuove politiche in ambito di spesa militare. Dal 2023 Helsinki ha aderito alla NATO, come risposta all’invasione dell’Ucraina. Il 19 giugno di quest’anno il paese esce dalla convenzione di Ottawa – accordo internazionale contro l’utilizzo delle mine antiuomo – e il governo ha dichiarato di voler aumentare la spesa militare fino al 3 per cento del PIL entro il 2029, oggi è pari al 2,4 per cento. Il target dell’Alleanza, deciso all’Aia nell’incontro tenutosi il 24 e 25 giugno tra i 32 paesi membri, è di arrivare ad una spesa complessiva del 5 per cento del PIL in difesa e sicurezza da raggiungere entro il 2035, con una revisione programmata nel 2029. La spesa sarà suddivisa in un 3,5 per cento per la difesa “core” e un 1,5 per cento in infrastrutture e cyber-sicurezza. Questo target non è però vincolante, si tratta infatti di un impegno politico. Esiste inoltre tra i paesi scandinavi una alleanza strategica anche in ambito di Difesa, il Nordic Defence Cooperation (Nordefco); di cui fanno parte oltre alla Finlandia anche Danimarca, Svezia, Norvegia e Islanda. [continua su Dissipatio…] ⚫️ Entra nel Nucleo Operativo
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MARIO SEGNI, DETTO MARIOTTO 🖋️ a cura di Francesco Subiaco Distinto, cordiale, pacato, Mario Segni (per i più Mariotto) è stato uno dei protagonisti della transizione dalla Prima alla Seconda Repubblica. Nato in una delle migliori famiglie sassaresi, figlio di Antonio Segni (già Presidente della Repubblica e ministro), è cresciuto in un’Italia che si affacciava al boom economico. Dopo la malattia del padre entra in Parlamento nel 1976 eletto in una DC segnata dalle visioni del compromesso storico e da fughe consociative, portando avanti una visione di rinnovamento ispirata al cattolicesimo liberale di Sturzo e De Gasperi alternativa alle sinistre. Una bussola che lo porterà nel gruppo di Proposta, pur rimanendo sempre indipendente rispetto alle correnti e alle trafile della Balena Bianca. [continua su Dissipatio…] ⚫️ Entra nel Nucleo Operativo
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RAPIRE UN DIO 🖋️ di Virgilio Marano Ci sono situazioni dimenticate, in cui complessi eventi geopolitici fatti di rivolte, repressioni e tragedie si muovono silenziosamente, incidendo sul mondo e sulla sua struttura. Per capire come sia possibile un evento tanto estremo come il rapimento di un bambino da parte del governo di uno Stato, non si può prescindere dal rapporto che intercorre tra Cina e Tibet: una relazione coloniale non dichiarata. Nella continua rivendicazione del Tibet come parte integrante della Cina, si inserisce un elaborato meccanismo di controllo culturale, politico, artistico e soprattutto religioso. Proprio nell’elemento religioso si fondano le radici del Tibet che, fino al 1950, anno dell’occupazione cinese, era una teocrazia buddhista. Per i Tibetani non c’è distinzione tra carica politica e religiosa, ciò che è spirituale è necessariamente politico e viceversa. Avere il controllo delle figure religiose tibetane significa avere il controllo del Tibet stesso. Nel mondo Tibetano sono due le figure apicali: quella del Dalai Lama e quella del Panchen Lama. Tralasciando il lato spirituale della questione per concentrarsi sull’aspetto più burocratico, si vede come queste siano inscindibilmente connesse: ognuno riconosce la reincarnazione dell’altro. Questa pratica si basa sulla credenza che i grandi maestri spirituali, come il Dalai Lama e il Panchen Lama, si reincarnino consapevolmente per continuare a guidare il popolo. Dopo la morte, i monaci cercano indizi e segni mistici per trovare il bambino in cui si è incarnata l’anima del Lama defunto. [continua su Dissipatio…] ⚫️ Entra nel Nucleo Operativo
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I NUOVI PRIMITIVI 🖋️ di Francesco Teodori Sam Altman, supremo moloch di OpenAI e creatore di ChatGpt, ha dichiarato che l’intelligenza artificiale ha definitivamente superato quella umana per prestazione e profondità. La singolarità è quindi arrivata, inverando le profezie di Kurzweil. In questo momento l’IA ha effettivamente raggiunto il cielo, superando i suoi creatori. Se questo entusiasmo non suonasse come una sospetta manovra di marketing ci sarebbe poco di cui essere felici. Anche perché, al progredire di quella artificiale non è seguito un avanzamento dell’intelligenza umana, la quale sembra essere anzi regredita a quello che i grandi antropologi del passato definivano “pensiero magico”, nello specifico proprio nel rapportarsi con la sua controparte digitalizzata. Un tipo di pensiero esaminato per la prima volta osservando il comportamento degli esseri umani non civilizzati ed oggi tornato tremendamente attuale. Che cosa immaginava un selvaggio mentre osservava sgomento il chiarore del fulmine o veniva intimorito dal rombo del tuono? Come reagiva il primitivo dinnanzi all’inconoscibile manifestarsi delle forze naturali che non riusciva a comprendere? O, a voler guardare più vicino a noi, l’incolto contadino davanti al male improvviso che colpisce un suo congiunto? [continua su Dissipatio…] ⚫️ Entra nel Nucleo Operativo
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LA CINA RALLENTA LA TERRA 🖋️ di Andrea Falco Profili La NASA lo ha certificato con la precisione di un orologio atomico: la Terra gira più lentamente da quando la Cina ha finito di costruire la diga delle Tre Gole. Sei centesimi di microsecondo in più per ogni rotazione. Una quantità da un lato infinitesimale, ma che dall’altro rappresenta un avvertimento: quando la Cina decide di spostare ventisette trilioni di tonnellate di cemento e acciaio verso l’equatore, persino le leggi della fisica devono fare i conti con la sua ambizione. Mentre gli osservatori internazionali si perdono in calcoli su questo bizzarro effetto collaterale dell’ingegneria idraulica cinese, a Pechino stanno già progettando qualcosa di ancora più monumentale: una diga sullo Yarlung Tsangpo, il fiume più lungo del Tibet, che genererà tre volte l’energia delle Tre Gole. Altri microsecondi rubati al tempo, altre tonnellate di materia spostate per piegare il pianeta alla volontà del Partito Comunista Cinese. C’è un metodo nella follia dei superlativi cinesi: il grattacielo più alto, il ponte più lungo, l’aeroporto più grande. Primati mondiali che la Cina rincorre per emendarsi, dichiarare la propria indipendenza dal complesso di inferiorità che ha tormentato il paese per due secoli. C’è un qualcosa di stridente nel contrasto: mentre l’Occidente si è specializzato nel rimpicciolire tutto – processori, telefoni e computer sempre più sottili – la Cina ha scelto la strada opposta, occupare spazio per imporre il proprio dominio sul futuro. Si tratta di due filosofie del potere che non potrebbero essere più distanti: l’Occidente, assunto il manto della responsabilità globale, ha sviluppato nel tempo una fobia delle grandi opere; la Cina, lontana da una certa filosofia ecologista e dall’ambizione di essere un modello universale, sposta un milione e quattrocentomila persone per fare spazio a una diga. [continua su Dissipatio…] ⚫️ Entra nel Nucleo Operativo
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