Oggi è un giorno speciale: arriva in libreria «La scortanza» di Remo Rapino!
Seduto alla Fontanella, Rosinello Capobianco conta le mattonelle e mette in fila i ricordi, belli e brutti – che, proprio come le mattonelle, si contano sempre a tre a tre. Storie mezze vere e mezze false, racconti di seconda e terza mano, frammenti di vite sfiorate, echi di favole, di sogni, di preghiere. Dopo Liborio, dopo Mengo, la voce inconfondibile e poetica di Rosinello aggiunge un nuovo capitolo all’epopea degli sfasulati, un altro tassello a quel paesaggio in cui ogni frammento può contenere stelle, lune, pianeti, galassie, e dove l’atto dolcissimo e doloroso del ricordare è una mano tesa, un dono fraterno, un canto che scoraggia la morte e strappa la promessa di un racconto eterno.
«Mica sempre vero che i genitori vogliono un bene da morire ai figli. Ha voglia quel Mario Merola là a cantare che ’E figlie so’ piezze ’e core, che almeno lui un nome normale ce l’ha sulla carta d’identità e, se lo chiamano per strada, nessuno si mette a ridere e lui si gira tutto contento per il nome che si porta appresso. Invece io, altro che E figlie so’ piezze ’e core. Se così fosse, i miei genitori, se m’avessero voluto bene davvero, a me, mai e poi mai m’avrebbero attaccato ’sto nome farlocco: Rosinello, che potrebbe andar bene, sì e no, per lo scemo di testa e di camminata storta del paese. Che se dopo ci accompagni pure il cognome Capobianco, allora l’opera buffa è completa, si spengono le luci, tacciono le voci, e nel buio comincia il varietà, certe volte pure con le ballerine a gambe di fuori e con la cellulite che si vede bene anche a occhio nudo».